Recensione di: Ingrid B. Coman, Badante pentru totdeauna / Badante per sempre

Badante pentru totdeauna. Badante per sempre, in corso di pubblicazione per Rediviva Edizioni, costituisce una tappa significativa nel percorso creativo di Ingrid Beatrice Coman che ricorre di nuovo, come aveva già fatto con Satul fără mămici. Il villaggio senza madri (Milano, Rediviva Edizioni, 2013), alla soluzione del testo bilingue, sfruttando le potenzialità del romeno e dell’italiano per affrontare un tema di grande attualità senza scivolare in facili sentimentalismi o inutili polemiche. L’autrice, abituata a osservare con sguardo lucido e attento la quotidianità, sceglie spesso di soffermarsi su aspetti, problemi e situazioni che hanno segnato e segnano ancora il mondo contemporaneo; oltre al citato Satul fără mămici. Il villaggio senza madri, ricordiamo, per esempio, La città dei tulipani (Ferrara, Luciana Tufani Editrice, 2005), Per chi crescono le rose (Milano, Rediviva Edizioni, 2013), Dodici più un angelo (Murazzano, Ellin Selae, 2012) e Tè al samovar, appena riproposto in una nuova edizione (Milano, Rediviva Edizioni, 2015). La sfida, raccolta ogni volta dalla scrittrice con coraggio e determinazione, si basa sull’uso della narrativa come scandaglio della realtà e come strumento per rappresentare i riflessi che grandi o piccoli avvenimenti producono sulla vita di singoli individui.

Nel caso di Badante pentru totdeauna. Badante per sempre, un fenomeno sociale vasto e capillare come la diffusione di badanti straniere in Italia si intreccia direttamente con la vicenda di Magdalena (Megy per gli italiani), una giovane romena che, per fronteggiare la difficile situazione economica nel suo paese nel periodo successivo alla rivoluzione dell’89, decide di trasferirsi in Italia e lavorare come badante per gli anziani, investendo sulla sua dedizione per gli altri, una qualità sviluppata sin da piccola e maturata poi nella cura dei bambini che vivono nell’orfanotrofio della sua città. Si tratta di una decisione “forzata”, perché, come dice con lucidità la protagonista, «Non c’era bisogno di decidere. Come altre volte, la vita ci precedeva e decideva anche per noi». La sua permanenza in Italia è contraddistinta dalle difficoltà tipiche di qualsiasi persona a contatto con un paese straniero, ma a queste si aggiungono anche l’iniziale chiusura e la palpabile diffidenza mostrate dagli anziani di cui di volta in volta si prende cura; Magda, però, contando sulla sua capacità di entrare in sintonia con gli altri e comunicare spontaneamente con loro, riesce a superare le barriere iniziali e a costruirsi un equilibrio nuovo, anche se è destinata a restare sempre in bilico fra due mondi e fra esigenze diverse, proprio come un acrobata, immagine usata dall’autrice del romanzo per definire gli sforzi e lo spirito di adattamento delle straniere giunte in Italia alla ricerca di un’occupazione.

Un tema così attuale e spinoso, per le implicazioni sociali e per il coinvolgimento di destini individuali e collettivi, viene spesso affrontato con superficialità o malcelata sufficienza, trappole che la scrittrice riesce abilmente a evitare presentando in modo graduale e minuzioso la storia e la personalità di Magda, prima in Romania e poi in Italia, e analizzando con attenzione le sensazioni, le paure e le (in)certezze della protagonista di cui adotta costantemente il punto di vista. Una tale prospettiva non deforma negativamente le vicende narrate, avvolgendole in una luce cupa o drammatica, ma ne accentua tutta la freschezza e l’imprevedibilità, percepibili soprattutto nella presentazione dei personaggi che si affollano intorno a Magda: i famigliari (il marito Leonard e i figli Georgică e Alina), gli anziani di cui la donna si prende cura (la “sgarbata” Concetta e il simpatico Alfredo) e i protagonisti di incontri inattesi e a volte carichi di sorprese e speranze (Cristina e Marco). In tutti questi casi Ingrid Beatrice Coman riesce a descrivere la tensione, l’imprevisto, la novità e anche la comparsa della morte con un tono naturale, a tratti quasi magico, in cui la profondità e la leggerezza si combinano per delineare, anche a livello stilistico, un percorso di grande sensibilità.

Proprio lo stile, insieme alla storia e alla tematica trattata, costituisce uno dei punti di forza del romanzo, perché l’autrice, oltre a catturare persino i dettagli più nascosti dei personaggi e dell’ambiente circostante, restituisce, con una prosa apparentemente semplice e levigata, le emozioni della protagonista, la varietà degli avvenimenti, la curiosità dei bambini e l’iniziale ostilità di molti adulti nel momento in cui si confrontano con il diverso e l’estraneo, due aspetti che appartengono alla vita di ogni individuo nel rapporto con il mondo interiore ed esteriore. Dal punto di vista linguistico, poi, è estremamente interessante avvicinarsi al libro seguendo i due percorsi con cui l’autrice ha scelto di rendere, in italiano e in romeno, le diverse situazioni; i due testi, infatti, che ovviamente possono essere letti anche in modo del tutto autonomo, non sono solo lo specchio l’uno dell’altro, ma anche lo strumento con cui esprimere sensazioni e valori in due lingue e in due culture, a volte simmetriche, altre volte divergenti, paragonabili a due strade che il lettore può imboccare per intraprendere un viaggio verso la stessa meta: la costruzione di un equilibrio personale a diretto contatto con la realtà e con gli altri.

 

© 2015 Rediviva Edizioni, Milano
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